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sicurezza alimentare: nuova sfida per i cereali

11/4/2016

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La parola chiave è autoapprovvigionamento.
La sicurezza alimentare in questo contesto è la traduzione di food security, che in un ambito nazionale e comunitario non significa tanto accesso al cibo, quanto la capacità di assicurare la disponibilità ai mercati interni delle materie prime agricole, o commodity, necessarie e con le caratteristiche richieste dai trasformatori.

Per molti anni, probabilmente condizionati dalle eccedenze degli anni 80
in un periodo di agricoltura protetta, la pac non si è occupata con la giusta
attenzione del problema. Nel caso delle agricolture più forti del Centro Europa il miglioramento genetico ha bilanciato la stagnazione dell’agrotecnica; nel caso di un’agricoltura più marginale questo non è avvenuto in uguale misura.

Il tasso di crescita della produttività del frumento tenero e duro, dell’orzo
e del mais a livello nazionale è calato.


Emblematico è il caso del...
mais, la cui produzione è diminuita nel primo decennio del Duemila, anche stornando dal conto l’anomalo 2003.

Per effetto di questo l’autoapprovvigionamento dal 95% del 2000 è sceso sotto l’80% circa nell’ultimo quinquennio. Molti sono i fattori che hanno influenzato questo comportamento negativo e sicuramente in buona parte sono da attribuirsi alle incertezza dei mercati, ma è altrettanto certo che una componente della stagnazione delle rese sia piuttosto da attribuirsi a una malintesa semplificazione dell’agrotecnica.

Ad esempio nel mais si sono diffusi:
  • diserbi semplificati
  • concimazione con urea in singola distribuzione
  • mancata lavorazione dell’interfila
  • mancata difesa negli ambienti a rischio della pianta nei primi stadi, ecc.

Per quanto sia rilevante la qualità, il primo fattore che influenza il reddito per i produttori di commodity, quali i cereali, rimane la produzione per ettaro ed è

difficile immaginare un completo recupero del reddito stesso con la valorizzazione della qualità o seguendo filiere corte.

A fronte di una qualità tecnologica e sanitaria non eccellente, accade che sotto una soglia critica di produzione il sistema produttivo basato sulle commodity si indebolisca e perda la capacità di rinnovarsi e rispondere alle esigenze della filiera.

Il risultato è che il sistema agroalimentare si costruisce su prodotti di importazione e infine si delocalizza. Segnali preoccupanti in questo senso provengono soprattutto dal grano duro. D’altro canto esiste un crescente numero di filiere integrate che localmente, in Campagna e in Puglia, dimostrano un’eccellente capacità di 
organizzare la produzione e di raggiungere livelli qualitativi di assoluta rilevanza.




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Tratto da:

"L’agrotecnica di domani ragionerà in filiera"
di A. Reyneri
L'Informatore Agrario n° 8/2013
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