
Per la prima volta, dopo anni di discussioni, i Ministeri delle politiche agricole e dello sviluppo economico si sono trovati d’accordo sulla indifferibilità di misure di salvaguardia per il riso, che versa in una crisi gravissima: nelle ultime 5 campagne i prezzi si sono dimezzati, scendendo per alcune varietà molto al di sotto dei livelli praticati sul mercato spagnolo e lambendo quelli del prodotto asiatico.
La crisi è stata innescata dalle importazioni a dazio zero dai Pma, che l’Europa quantifica in 231.000 tonnellate di prodotto semilavorato e lavorato (980.000 quelle totali), in prevalenza cambogiane.
In questo momento il flusso è in rallentamento, ma soltanto perché i prezzi internazionali sono in rialzo e vi è meno convenienza a esportare nell’UE.
L’elemento più inquietante, peraltro, è che − contrariamente allo spirito della direttiva Eba (Everything but arms, letteralmente «tutto tranne le armi»), che è quello di aiutare gli agricoltori dei Pma − sta crescendo molto l’import di prodotto lavorato: il 68% del riso lavorato che entra in Europa non paga dazio. Oggi la Cambogia è il primo fornitore dell’UE e sta incrementando le vendite di riso in confezioni sotto i 5 kg, circostanza che permette agli europei di dubitare che le concessioni elargite con la direttiva Eba vadano realmente a promuovere lo sviluppo dei poveri contadini cambogiani e non arricchiscano invece gruppi industriali, locali e non.
Etichettatura obbligatoria in arrivo
Per risollevare le sorti del prodotto nazionale, in occasione del tavolo di filiera del 13 maggio scorso il ministro Maurizio Martina ha annunciato un decreto per introdurre l’etichettatura d’origine obbligatoria entro i confini nazionali e il 23 maggio, in occasione di un confronto tra i funzionari del Governo e quelli comunitari della DgAgri e della DgTrade, è stato aperto il dossier della clausola.
Deve ancora essere raggiunto un accordo politico con Bruxelles, ma gli «sherpa» sono in marcia: si sta cioè studiando come modificare il regolamento che norma la preferenza nei confronti dei Pma e ciò può avvenire nell'ambito della revisione programmata per novembre, che diverrebbe operativa nel 2020, oppure, come ha suggerito l’Ente risi, modificando con una semplice decisione del Consiglio che lo renda applicabile anche ai Pma, il regolamento 978/2012 che prevede di reintrodurre i dazi nel caso in cui le importazioni agevolate superino il 13,5% del totale dell’import. Il percorso resta comunque irto di ostacoli: lo stesso commissario all'agricoltura, Phil Hogan, con una lettera all'assessore lombardo all'agricoltura Gianni Fava, ha escluso la clausola: «Al momento − ha scritto − non sussistono le condizioni per l’attivazione della clausola di salvaguardia» anche se la Commissione è «perfettamente a conoscenza delle importazioni di riso Indica provenienti da Paesi del regime Eba, in particolare dalla Cambogia, ed è impegnata in un dialogo con questo Paese al fine di incoraggiarlo a individuare i mercati supplementari per l’esportazione del riso».
«Non ci facciamo illusioni, ma lavoriamo per ottenere la clausola. Abbiamo riscontrato una consapevolezza nuova della gravità della situazione, che noi denunciamo da oltre un anno − commenta tuttavia Carrà − tant'è vero che il Mise, il Ministero dello sviluppo economico, ha chiesto all'Europa la convocazione di una nuova riunione tecnica entro tempi brevi».
Intanto, si ragiona sulla possibilità di rivedere l’aiuto accoppiato, attraverso il decreto Omnibus e, nell'ambito della revisione della Pac, su una riorganizzazione dell’intervento che non finanzierebbe più il ritiro, ma lo stoccaggio del risone.