Si potrebbe pensare che l’interesse per il mondo agricolo sia marginale, ma la legge contiene un comma che potrebbe avere effetti devastanti per l’agricoltura italiana.
Cioè la cosiddetta certificazione antimafia deve essere presentata per tutte le pratiche che prevedono la concessione di fondi europei. Niente certificazione, niente soldi della PAC.
Già sappiamo che i pagamenti da parte di Agea e degli organismi pagatori sono in cronico ritardo, ora questa norma porterà dal 19 novembre allo stop di tutto il meccanismo.
La lotta alla mafia in tutte le sue articolazioni è sacrosanta, ma forse l’ignoto estensore del comma 1-bis non si è reso conto che le Prefetture si troveranno di fronte a circa 3 milioni di domande. Un compito impossibile per una macchina burocratica perfettamente funzionante, figuriamoci per la farraginosa e inefficiente burocrazia italiana.
In extremis, nella nottata di martedì 14 novembre è stato votato un emendamento che fissa a 5.000 euro il limite di contributi PAC oltre il quale diviene necessario il certificato antimafia. Come rileva la CIA, «il tentativo di attenuare un impatto catastrofico sulla dinamica di erogazione degli aiuti comunitari alle aziende agricole italiane, se pur apprezzabile, appare comunque insufficiente e non accettabile». L'emendamento alla legge n. 161/2017 è contenuto nel decreto fiscale attualmente in discussione in Parlamento.
Rimarrebbero invischiate nel nuovo obbligo circa 200.000 aziende, in pratica tutte le aziende professionali italiane.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 41/2017 a pag. 7
Il certificato antimafia obbligatorio rischia di bloccare tutti gli aiuti Pac
L’articolo completo è disponibile anche sulla Rivista Digitale