
Il lavoro, commissionato dal ministero delle Politiche agricole, ha permesso, con l’utilizzo di metodi e modelli scientifici convalidati e attraverso analisi campionarie nelle aree a maggiore criticità, di individuare l’origine del contenuto dei nitrati nelle acque sotterranee e superficiali.
I risultati dicono che il contributo zootecnico non è mai significativamente prevalente. E aggiungono che, contrariamente a precedenti affermazioni, il contributo civile-industriale richiede una debita considerazione.
Oltre agli effluenti zootecnici, sono sorgenti di nitrati i fanghi di depurazione, i fertilizzanti chimici di sintesi e gli scarichi civili e industriali, il cui contributo è rimosso solo per il 70% attraverso la depurazione.
Le norme Ue, con la Direttiva nitrati (direttiva 91/676/Cee), avrebbero insomma addossato in questi anni un carico eccessivo di responsabilità sull'allevamento, il cui contributo non è mai superiore a un terzo dell’inquinamento complessivo accertato nelle regioni ad alta vocazione zootecnica.
"Le analisi dell'Ispra - ha detto intervenendo al convegno di presentazione dello studio - ci aiutano a riconoscere meglio le fonti principali da cui partire per gestire la questione sui nitrati e aggiornarla. Sulla contaminazione delle acque bisogna comprendere che la zootecnia non può essere l’unico settore sul quale incide pesantemente una direttiva comunitaria risalente a vent'anni fa”.
“Ci abbiamo creduto fin dal primo minuto - ha spiegato il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti - sottolineando che “non c'è contrapposizione tra agricoltura e ambiente, anzi dobbiamo lavorare in sinergia: un’agricoltura sana porta ad un ambiente sano e un ambiente sano permette di avere un’agricoltura di qualità”.
Il prossimo passo sarà un Tavolo nitrati, hanno annunciato i due ministri. Un appuntamento già calendarizzato: si terrà il 10 febbraio prossimo al Mipaaf con le associazioni, le Regioni e l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. Verrà fatto il punto sull'avanzamento dei lavori per decidere i prossimi step operativi in ambito Ue. L'obiettivo è proporre alla Commissione europea una revisione della Direttiva nitrati che tenga in considerazione i risultati di nuovi studi scientifici basati su modelli di analisi più attendibili rispetto alle diverse fonti di inquinamento.
Commentando i risultati dello studio Ispra, Ezio Veggia, vicepresidente della Confagricoltura, ha sottolineato che “l’apporto della zootecnica è sicuramente più limitato rispetto a quanto finora considerato. Il Tavolo nitrati - ha aggiunto - è un ulteriore passo avanti per risolvere una serie di problemi che coinvolgono il settore zootecnico”.
Secondo la Cia, la Confederazione italiana agricoltori, “emerge ancora una volta con chiarezza che il ruolo della zootecnia nell'inquinamento delle acque sotterranee è stato finora fortemente sovrastimato”. È necessario a questo punto - si legge in una nota - perseguire decisamente l’obiettivo dell’aggiornamento della direttiva nitrati, i cui strumenti sono tutti indirizzati verso la zootecnia.
Dello stesso avviso la Coldiretti. Fermo restando la necessità di confermare gli obiettivi e gli strumenti di applicazione della direttiva europea in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, dallo studio - sottolinea l’organizzazione agricola - emerge una rappresentazione diversa da quella storica che assegna alla zootecnia l’unica responsabilità.
Secondo il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo, “ciascun settore dovrà farsi carico della propria responsabilità, ma sarebbe irresponsabile continuare a chiedere soltanto alla zootecnia di addossarsi oneri e vincoli che dipendono da attività diverse. Occorre dare atto della compattezza del Governo che attraverso i ministri dell’Agricoltura e dell’Ambiente hanno posto le condizioni per rimuovere i vincoli ingiusti che hanno fino ad ora colpito la zootecnia italiana”.
La parola passa adesso al decreto effluenti. Il testo, in attesa di pubblicazione, semplifica e rende più flessibili gli adempimenti sulla Direttiva nitrati. Introduce anche un quadro normativo certo sull'utilizzazione agronomica del digestato, che oltre a contribuire al ripristino della sostanza organica dei suoli permette di ridurre l’utilizzo dei fertilizzanti chimici in agricoltura, “fornendo - secondo Confagricoltura - risposte ad alcune criticità evidenziate dallo studio Ispra”.