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Commodities: ecco chi detta le regole Nel mercato mondiale dei cereali

4/11/2014

 
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Di chi è la colpa se i prezzi dei cereali sono instabili? 
Delle multinazionali che speculano sui mercati dei future. 
Questa convinzione è talmente radicata nella nostra mentalità da impedirci di capire come stanno davvero le cose. Se in Italia il comparto dei cereali è poco competitivo e in continua balia della volatilità dei prezzi la colpa non è tutta delle multinazionali e dei grandi «trader», ma anche un po’ nostra. 
I tempi infatti sono duri anche per i colossi mondiali dell’agribusiness, che nel gergo del settore sono soprannominati «Abcd», dalle iniziali dei primi 4: Archer Daniels Midland (Adm), Bunge, Cargill e Louis Dreyfus Commodities...

Sono giganti da 100-150 miliardi di euro di fatturato come minimo, eppure c’è chi si sta comprando i loro «fratelli minori» come se fossero aziendine familiari: parliamo ovviamente della Cina, che tramite il gruppo statale Cofco (China national cereals, oils and foodstuffs corporation), un gigante nel trading dei cereali e delle proteoleaginose, si è appena comprato il 51% del ramo agricolo della multinazionale con sede a Singapore Noble Group per 1,5 miliardi di dollari e recentemente il 51% del trader di granaglie olandese Nidera, aprendo il suo mercato a regioni come America Latina e Russia. Cofco è stata incaricata degli approvvigionamenti di derrate alimentari per conto del Governo cinese con una strategia quinquennale di investimenti, entro il 2015 di almeno 10 miliardi di dollari in acquisizioni all’estero. Questo piano viene visto con un certo disagio sia dai quattro big dell’Abcd (comunque più grandi e redditizi di Cofco) sia soprattutto dalle case di trading di medie dimensioni, come quelle giapponesi o australiane, che speravano dilucrare sulla crescente fame cinese di materie prime. 
Oggi Pechino acquista già il 60% dell’offerta mondiale di soia e quest’anno potrebbe diventare il primo importatore di grano e raddoppiare l’import di mais. Il motivo di questa corsa all’acquisto? Nonostante una superfi cie di 9,5 milioni di km2, che ne fa il terzo Paese più grande al mondo (dopo Russia e Canada), solo il 15% del territorio cinese è adatto all’agricoltura. Per rispondere alla crescente domanda alimentare, anche proteica, di oltre 1,34 miliardi di persone (quasi il 20% della popolazione mondiale) alla Cina serve parecchia materia prima alimentare. 

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