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CEREALI: LISTINI BASSI, MA STABILI

20/3/2017

 
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Com'era facilmente prevedibile, i prezzi dei cereali non hanno potuto recuperare posizioni significative durante le prime 10 settimane del 2017. Le ragioni sono abbastanza chiare: a livello mondiale i consumi non riescono a tenere il passo con gli incrementi produttivi, così che il livello delle scorte resta molto elevato, deprimendo di conseguenza i prezzi. Tanto per dare qualche cifra: l’Igc (International grains council) prevede un aumento delle scorte di fine campagna di quasi 15 milioni di tonnellate per il frumento tenero (da 221,4 a 236 milioni di tonnellate), mentre per il mais l’incremento risulta più contenuto (da 209,2 a 223,6 milioni di tonnellate).

Anche per i cereali «minori» (orzo e frumento duro) il quadro non è incoraggiante. Le scorte mondiali di orzo, sempre secondo l’Igc, passeranno da 28,6 a 32,2 milioni di tonnellate, men tre per il frumento duro si stima un incremento senza precedenti (da 3,9 a 6,8 milioni di tonnellate), che anche un raccolto 2017 decisamente ridimensionato farà fatica a smaltire.
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È evidente che con questi «fondamentali» è difficile prevedere rialzi consistenti e duraturi dei prezzi al li vello globale, e il mercato italiano non fa eccezione, vista la nostra crescente dipendenza dalle importazioni. Eppure l’andamento dei prezzi in Italia delle ultime 10 settimane non è stato del tutto negativo, anche se in termini assoluti il loro livello rimane fortemente al limite del punto di pareggio per le aziende agricole.

Vediamo nel dettaglio come si sono evolute le quotazioni nazionali e internazionali dei cereali.

Frumento tenero
Per quanto riguarda il frumento tenero, l’andamento dei mercati è stato caratterizzato da una bassa volatilità e da prezzi per lo più stabili. La quotazione del frumento tenero «fino» di Bologna ha esordito agli inizi dell’anno a 177 euro/t per poi aumentare via via nel corso delle settimane successive fino a 185,5 euro/t di inizio marzo. 
La ragione principale di questi lievi ma costanti aumenti è che il frumento tenero nazionale risulta in questa campagna particolarmente appetibile per gli utilizzatori industriali.
La qualità è buona, per lo meno rispetto a gran parte del prodotto estero, e per questa ragione le transazioni risultano molto fluide. A beneficiare I prezzi dei restanti competitor comunitari non hanno usufruito di questo trend positivo.

​L’«effetto Trump», che doveva far rivalutare in modo massiccio il dollaro USA rispetto all’euro (ridando così slancio alla competitività dell’offerta UE) è rimasto limitato al 5-6%, e di conseguenza l’offerta soprattutto francese, ha dovuto adeguare le proprie pretese di prezzo a quanto richiesto dai concorrenti del Mar Nero (Russia, Ucraina e anche Romania). Il future di marzo del Matif è rimasto perciò inchiodato a circa 170 euro/t, con oscillazioni non superiori a 3 euro/t.

Stessa cosa negli USA, dove però il trend sembra rialzista, anche perché si stima in tutto il Nord America un netto calo delle superfici per le semine primaverili.

Frumento duro
Molto più difficile è la situazione per il frumento duro.
La sovraofferta di merce nazionale ed estera ha reso molto difficile la normale attività di commercializzazione, visto anche che la domanda interna resta statica. La merce «normale» (granella buona, ma proteine sotto il 12%) ha avuto come sbocco praticamente la sola esportazione verso il Nord Africa, ovviamente previa miscelazione con il prodotto canadese (granella non buona, ma proteine sopra il 14%).
La situazione però è molto difficile anche per il prodotto proteico al Nord e nelle Marche, che deve fare i conti con l’ampia disponibilità di merce estera. La conseguenza è che sono calati i prezzi di tutte le categorie merceologiche. Il grano duro «fino» (non proteico) del Centro Italia quotato a Bologna ha esordito agli inizi dell’anno a 212,50 euro/t, per poi aumentare da metà gennaio fino a raggiungere 220,50 euro/t.

L’aumento è stato appunto dovuto ad alcune aste internazionali che hanno risvegliato l’interesse degli operatori, ma si è poi rapidamente sgonfiato nel mese di febbraio. Il calo è stato brusco (ultima quotazione: 207,5 euro/t) e ha suscitato non poche perplessità da parte dei venditori, con tutte le polemiche riguardo alle problematiche sanitarie del prodotto d’importazione.
Anche in Francia, nonostante un’attività di export molto limitata, i prezzi hanno subìto un vero e proprio crollo. Il prezzo nominale di Port-La-Nouvelle è passato da 233 euro/t di inizio anno a 207 euro/t di metà marzo.

I fondamentali restano negativi soprattutto a causa delle scorte elevate anche in Italia, dove potrebbe esserci un «riporto» di merce del vecchio raccolto anche superiore a 1,2 milioni di tonnellate, ma ci sono alcuni fattori che potrebbero riequilibrare il mercato in positivo: la legge sull'etichettatura della pasta potrebbe infatti favorire il pro dotto nazionale, così come l’eventuale messa al bando del glifosate nella coltivazione del frumento duro, che colpirebbe in modo particolare la produzione canadese.
Quest’ultima è peraltro prevista in forte calo, visto che con i prezzi attuali è ragionevole attendersi una forte contrazione delle superfici da seminare ora in primavera.

È anche certo che se persisterà la situazione attuale (lo spread tra duro e tenero è ora di soli 22 euro/t), anche in Italia assisteremo a una forte riduzione delle superfici, soprattutto in Pianura padana.

Mais
I prezzi del mais nazionale hanno avuto un andamento tutto sommato positivo. Le problematiche sanitarie sono state affrontate rispetto agli anni passati con molta accortezza da parte degli stoccatori.
Selezione ottica, prepulitura e miscelazione hanno fatto sì che la forbice tra prodotto «convenzionale» e «con caratteristiche» si sia via via ridotta nel corso dei mesi, offrendo un buon sostegno ai prezzi del mais «normale » a uso zootecnico.

Le quotazioni di Milano sono così passate da 176,5 euro/t di inizio anno a 181,5 euro/t di metà marzo. I 5 euro/t di aumento possono forse non sembrare molti, ma in una campagna di prezzi così bassi possono fare la differenza. Anche sul mercato dei derivati il trend è stato positivo. Il future di marzo del Matif è aumentato nel periodo in esame di circa 5 euro/t; le ultime quotazioni per maggio 2017 si aggirano attorno a 174 euro/t. 

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