
Una correzione robusta che porta adesso a stimare gli stock di mais nei silos del Dragone a 117 milioni di tonnellate (oltre la metà dei quelli mondiali), contro i 91 milioni precedentemente indicati.
Un 30% in più di giacenze che sposta gli assetti, ma soprattutto cambia gli equilibri, di un mercato interessato annualmente dalla movimentazione di oltre 200 milioni di tonnellate di granoturco, un quantitativo corrispondente a poco meno di un quarto dei consumi globali.
L’errore di valutazione sulle scorte cinesi (di cui le autorità locali non forniscono tuttavia stime ufficiali) sarebbe stato determinato, a detta dell’Usda, da una sottostima degli impieghi di altri cereali e composti foraggeri, in particolare orzo, sorgo e Ddgs (Dried distillers grains solubles), sottoprodotti essiccati derivanti dalla fermentazione dei cereali, venduti a prezzi largamente inferiori a quelli del mais, a loro volta “gonfiati” dal sostegno pubblico.
Le importazioni a basso costo di prodotti alternativi al granturco, passati in tre anni da 5,6 a 25,6 milioni di tonnellate, avrebbero di fatto determinato un minore impiego di mais nel circuito foraggero, facendo lievitare le scorte ai livelli oggi indicati.