In effetti, lo scenario attuale non è dissimile da quello del 2008. I prezzi elevati dell’estate del 2015 avevano indotto molti agricoltori (e non solo in Italia) a seminare più grano duro al posto di altre colture meno remunerative, senza fare però i conti con il fatto che si tratta di un mercato di nicchia (a livello mondiale 35 milioni di tonnellate nella media pluriennale contro i 700 milioni circa del frumento tenero), nel quale pochi milioni di tonnellate in più o in meno possono spostare in modo drastico gli equilibri tra domanda e offerta. Ed è proprio ciò che sta succedendo, se analizziamo l’andamento attuale dei prezzi, che sono scesi nel corso di quest’estate sotto la soglia dei 200 euro/t.
Il colpo di grazia è poi arrivato dai primi dati sulle produzioni a inizio trebbiatura, quando appariva evidente che ci sarebbe stata un’offerta più che abbondante soprattutto di merce di bassa qualità, per lo meno in Europa.
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